APPROFONDIMENTO

I terremoti in Alta Irpinia fra XV e XX secolo

La subregione dell’Irpinia, collocata posta sulla dorsale appenninica meridionale, è area ad alto rischio sismico. Il dongione è una porzione del complesso architettonico che componeva il castello medievale. Il termine donjon deriva dal francese, a sua volta proveniente dal latino tardo dominionus/dominionis, ma c’è anche chi avanza una derivazione germanica. In Francia il termine è attestato già dai primi decenni dell'XI secolo, mentre in Italia è presente dal XII secolo. In Italiano la parola non ebbe molta diffusione, e per la struttura venne utilizzato per lo più il termine Maschio o Mastio, anche se in modo totalmente improprio, poiché il Maschio è la torre principale di un castello mentre il dongione, come si è visto, era un'intera area che in sè racchiudeva vari edifici ed era adibita a residenza signorile. In area toscana si è diffuso, come sinonimo di dongione, il termine cassero, derivato dalla mediazione del termine latino castrum. Il donjon è stato identificato dalla tradizione storiografica, in modo superficiale e inesatto, con la torre più alta o più solida di un castello. In realtà, molti documenti testimoniano che il dongione non era una torre, ma un'intera area, all'interno del castello, sopraelevata e ulteriormente protetta con muro e fossato, dentro la quale vi erano il palazzo del signore, una o più torri, edifici di servizio, chiese, pozzi... (una sorta di "castello nel castello"). Il fatto che il dongione fosse senza dubbio la residenza del dominus è attestato da alcune date presenti nei documenti.

Secoli XV-XVII

Il primo evento sismico di cui si hanno sufficienti notizie è quello del 5 dicembre 1456, che alle 3 del mattino colpì un'area vastissima dal golfo di Taranto (ove vi fu anche un maremoto) fino a tutto l'Abruzzo. Esso si sviluppò a partire da cinque epicentri, distribuiti lungo la dorsale appenninica che va dall’Abruzzo alla Basilicata. Il principale punto di genesi fu quello di Benevento, città quasi interamente rasa al suolo, con un notevole numero di vittime. Secondo le cifre stimate, la magnitudo del terremoto fu di 7.2 sulla scala Richter e di 11 sulla scala Mercalli. Le vittime accertate furono quasi 30mila. Il terremoto fu talmente violento da essere avvertito in Toscana ed in Sicilia causando un maremoto sulla costa ionica tra Gallipoli e Taranto.

Seguì il terremoto del 15 gennaio 1466, con epicentro a sud della Sella di Conza, presso i monti Eremita-Marzano. Questo causò gravi danni e centinaia di morti nell'Irpinia meridionale. Quindi si annovera il terremoto del 29 marzo 1517, con epicentro fra il Formicoso e la Baronia. Di questo drammatico evento non si conosce il numero totale delle vittime, ma nel solo borgo di Conza si contarono 26 morti. Seguì il terremoto dell'8 settembre 1694, con epicentro lungo l'alto corso dell'Ofanto che causò anche un maremoto nel golfo di Napoli. Il terremoto dell'Irpinia e Basilicata del 1694 colpì gran parte dell'Italia Meridionale, circa 9.500 km² tra le province di Avellino e Potenza. Tra i comuni più colpiti vi furono Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Conza, Muro Lucano, San Fele, Calitri, Bisaccia e Picerno. Il sisma di magnitudo 6,87 si verificò alle ore 18:45 e durò circa un minuto. Le vittime furono alcune migliaia, da una relazione anonima, pubblicata a Napoli il 15 ottobre 1694, si desume una cifra complessiva di 4820 morti. Va però rilevato che laddove è stato possibile verificare su testimonianze dirette le cifre riportate da tale fonte, esse si sono rivelate sovrastimate. Ad esempio a Calitri, dove secondo la relazione ci furono 700 morti, il parroco annotò nel registro dei morti della parrocchia 311 nomi; a Sant’Angelo dei Lombardi un notaio, in una nota in calce al registro degli atti del 1694, ricorda 206 persone morte invece delle 700 riportate dalla relazione. Il processo di ricostruzione è documentato con qualche precisione solo per quanto riguarda l’edilizia ecclesiastica.

Secoli XVIII - XIX

Sin dall’alba del secolo XVII la terra irpina si rivelò alquanto instabile, il primo evento catastrofico si registra il 14 marzo 1702, con epicentro nella media valle del Calore, a est di Benevento,che causò circa 400 vittime. Seguì il terremoto del 29 novembre 1732, con epicentro presso Grottaminarda, nella valle dell'Ufita. L’evento sismico ebbe magnitudo 6.6, colpì l'Irpinia e parte del Sannio. Il terremoto avvenne la mattina, all’incirca alle ore 08:32, con epicentro sull'Appennino campano, nell'area della valle dell'Ufita, compresa nell'attuale provincia di Avellino. I centri abitati distrutti per intero o in gran parte furono oltre una ventina, molti altri risultarono danneggiati in modo significativo. Il numero delle vittime stimato è di circa 2000. Fra i comuni più devastati ricordiamo Mirabella Eclano (rasa al suolo), Carife, Grottaminarda, Ariano Irpino e Conza, dove nel crollo della Cattedrale morirono oltre cinquanta persone. Danni di varia entità sono attestati in più di 120 centri in un’ampia area estesa fino alla costa tirrenica, alla Basilicata e al Foggiano. Rimasero danneggiate anche le città di Napoli, Salerno, Benevento. Nel secolo XIX ricordiamo il sisma del 9 aprile 1853, con epicentro presso le sorgenti del Sele, nell'Irpinia meridionale. In questo caso le vittime furono circa una dozzina. Il primo evento sismico di cui si hanno sufficienti notizie è quello del 5 dicembre 1456, che alle 3 del mattino colpì un'area vastissima dal golfo di Taranto (ove vi fu anche un maremoto) fino a tutto l'Abruzzo. Esso si sviluppò a partire da cinque epicentri, distribuiti lungo la dorsale appenninica che va dall’Abruzzo alla Basilicata. Il principale punto di genesi fu quello di Benevento, città quasi interamente rasa al suolo, con un notevole numero di vittime. Secondo le cifre stimate, la magnitudo del terremoto fu di 7.2 sulla scala Richter e di 11 sulla scala Mercalli. Le vittime accertate furono quasi 30mila. Il terremoto fu talmente violento da essere avvertito in Toscana ed in Sicilia causando un maremoto sulla costa ionica tra Gallipoli e Taranto.

Secolo XX

La frequenza di fenomeni sismici del XX secolo diventa altissima, quasi con cadenza trentennale si verificano eventi di alta drammaticità, tutti segnati da conseguenze molto critiche agli uomini e ai centri. Il primo significativo terremoto fu quello del 7 giugno 1910, con epicentro a Calitri, nella media valle dell'Ofanto, che causò quasi 50 vittime. Seguì il violento terremoto del 23 luglio 1930, con epicentro tra Lacedonia e Bisaccia, nell'alta valle del Calaggio. In questo caso le vittime furono circa 1404, l’intera città di Carbonara fu rasa al suolo e i pochi superstiti dislocarono la ricostruzione in un’area distante alcune decine di chilometri, così sorse l’attuale Aquilonia. Nell’odierno centro sono ancora abitate alcune “casette” della ricostruzione dell’epoca. Dopo circa trent’anni, la terra tornò a tremare il 21 agosto 1962. L’epicentro si registrò tra la bassa valle del Miscano e il fiume Ufita, nell'Irpinia settentrionale. L’evento sismico causò 17 vittime.

Infine il secolo XX volge al termine con uno dei più potenti e devastanti terremoti della storia geologica italiana, quello del 23 novembre 1980, con epicentro nell'alta valle del Sele, tra i Comuni di Teora, Castelnuovo e Conza della Campania, nell'Irpinia meridionale. In una domenica di novembre, alle 19:34, una scossa di magnitudo 6.9 in Irpinia provocò 2.914 morti, 8.848 feriti e 280.000 sfollati. La terra tremò in Campania e Basilicata per circa 90 interminabili secondi. Interi paesi furono isolati per giorni a causa di uno Stato impotente e non ancora attrezzato a coordinare i soccorsi tardivi e insufficienti, solo la tenacia e lo sforzo immenso dei volontari arginarono per quanto fu possibile le conseguenze in termini di vite umane. Sant'Angelo dei Lombardi fu uno dei paesi più colpiti da tale sisma e fu, per questo motivo, definito la capitale del terremoto, qui si registrò il maggior numero di vittime, 482.