Il Monastero dal XIII ad Oggi

Declino

Il cammino di decadimento del monastero coincide con la crisi del regno angioino, dalla metà del 1300, quando il potere centrale cominciò a indebolirsi e orde di mercenari violano il luogo sacro. L’accentuarsi dell’esposizione ai saccheggi e alle violazioni materiali va crescendo nel tempo, fino al punto che nel 1506 il monastero femminile viene soppresso da papa Giulio II, le religiose rimaste passano ad altro istituto o tornano a casa. La bolla papale sancisce che unitamente alla soppressione del monastero femminile e della dignità della badessa siano congiunti in un’unica autorità i monasteri di Montevergine e del Goleto. In seguito, precisamente nel 1515, anche Montevergine passa alle dipendenze dell’Ospedale Ss. Annunziata di Napoli. Per il Goleto inizia un periodo assai buio, che vede il naturale depauperamento del luogo e dei beni in esso custoditi. Anche quando viene restituita l’autonomia a Montevergine da papa Sisto V (che era stato monaco al convento di San Marco a S. Angelo) molti beni del Goleto restano alla SS. Annunziata a Napoli.

Rinascita - dal XVII al XVIII

Nel 1600 nel monastero irpino viene ristabilita una comunità verginiana maschile con un abate e 12 monaci. Nel 1631 il feudo di S. Angelo è acquistato da un nobile genovese, il principe Gian Vincenzo Imperiale, questi richiede al monastero il canone per l’uso dei terreni circostanti il monastero adibiti a pascolo. La lunga querelle giuridica si prolunga per più di un secolo e si conclude con un compromesso nel 1746, quando diviene feudatario Placido Imperiale. Con questo accordo il territorio è diviso in due parti: una (due miglia) rimane di esclusiva competenza del monastero, l’altra viene reintegrata nella giurisdizione civica. Con il terremoto del 1732 il casale del Goleto subisce seri danni, i monaci stessi intraprendono importanti azioni di ricostruzione, pur con la richiesta di sovvenzioni economiche alle altre sedi della congregazione verginiana. Dal momento che l’edificio più danneggiato è la prima chiesa, quella costruita da Guglielmo, si decide di costruirne una nuova da intitolare sempre al Ss. Salvatore, per il grandioso lavoro si convoca il famoso architetto Domenico Vaccaro, già molto attivo nel napoletano. Ciò testimonia che le risorse finanziarie del monastero sono ancora solide.

Epilogo - dal XVIII al XIX

Nel 1807 il governo francese decreta la soppressione degli ordini religiosi, anche il nostro monastero rientra nell’editto, pertanto le terre del Goleto vengono inglobate nel demanio comunale. Intanto i comuni vicini ingaggiano una lotta per la spoliazione dei beni del monastero, finanche del corpo del santo. Ad arbitrare la lotta interviene l’Intendente (alto rappresentante del governo nella provincia) che decreta che il corpo sia traslato a Montevergine (dov’è tuttora), mentre arredi, altari, statue ed altro siano alienati tra le chiese di S. Angelo dei Lombardi, Lioni e Nusco. Quanto non viene diviso diviene miserevolmente oggetto di saccheggio. Triste la riflessione di Giustino Fortunato che definisce l’Abbazia alla fine dell’800 come “una grande solitudine cadente”.

Rinascita - XX-XXI

Nella seconda metà del 1900 l’encomiabile resistenza di un monaco verginiano, padre Lucio De Marino, che nel 1973 va a vivere fra quelle macerie e qui ricomincia a celebrare messa, attira l’attenzione delle autorità politiche e religiose. La sua resistente determinazione suscita la giusta attenzione che spinge verso la progettazione di nuovi interventi di recupero. Di questi il primo è realizzato a metà degli anni ’70, grazie ad un finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno. La forza devastante del sisma del novembre 1980 causa ingenti danni al sito, tuttavia a seguito del tragico evento sorgono nuove possibilità di accedere a interventi di recupero.


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