APPROFONDIMENTO

Il castrum di Monticchio

Nei suoi Raguagli (1656) lo storico avellinese Bellabona collocava una terra chiamata Montecchio tra la Torella e Sant’Angelo Lombardo. Di ciò che resta di Monticchio è giunta fino ai nostri giorni una mappa realizzata in seguito ad un incendio che colpì la città. Secondo le indicazioni, l’abitato era delimitato da un castello (verso Torella) e da una chiesa (verso Sant’Angelo). Il castello, munito di un donjon a pianta quadrata, rappresenta l’unica via d’accesso alla collina; la chiesa, il cui asse era orientato in direzione est-ovest, è una costruzione di 20 m per 15. Le case sonoo di dimensioni ridotte (non più di 5-6 m per lato), a causa del limite imposto dalla lunghezza delle travi di legno adoperate. Sull’epoca e sulle circostanze di fondazione non abbiamo notizie documentate, ma è certo che la terra di Monticchio viene abbandonata nella seconda metà del XIV secolo. In seguito al ritrovamento ad opera Di Vincenzo Maria Santoli di due epigrafi funerarie di epoca romana, è stata ipotizzata la presenza di una precedente aggregazione urbana, poco più di un villaggio, Eca o Echia e che da Montem Echium derivasse il toponimo Monticchio. Nella Storia delle Due Sicilie, Nicola Corcia identifica la collina di Monticchio come l’antica Fratuentum. Gli storici moderni ritengono che il castrum di Monticchio sia stato fondato nella seconda metà del IX secolo, successivamente alla riorganizzazione del territorio dovuta alla divisione del Ducato di Benevento. La storia del borgo è documentata a partire dal 1135; nel febbraio di quell’anno, un certo Ruggero, qualificandosi come dominator del castello di Monticchio, fa un’importante donazione all’eremita Guglielmo da Vercelli, cedendogli un’area nel Goleto destinata ad ospitare un monastero. Gli storici del Goleto ritengono che questo signore appartenesse alla dinastia dei Sanseverino.

I confini settentrionali e meridionali del feudo sono rappresentati rispettivamente dal Fredane e dall’Ofanto; ad ovest vi sono le terre di Nusco (dei Tivilla) e quelle di Torella (dei Saraceno), mentre ad est vi è la contea dei Balvano, che comprende parte dell’attuale territorio lionese. Dopo il 1135 le notizie su Monticchio si diradarono e, per tutto il periodo normanno-svevo, ci vengono fornite dai documenti solo poche notizie relative ai feudatari del tempo. Nel 1255 Simone, figlio di Ruggero, ottenne la signoria del castello, seguito poi da Enrico ed Adenolfo. Gli anni tra il 1266 ed il 1268 vedono l’esordio della dominazione angioina. Uno dei primi provvedimenti del nuovo governo fu il censimento dei “focolari”. Ogni università (nome con il quale venivano chiamate le comunità locali) è tenuta a dichiarare di quante famiglie fosse composta per motivi fiscali. Del periodo angioino ci sono pervenute alcune “cedole della sovvenzione generale”, ovvero dichiarazioni delle imposte che le università pagavano al re. Alcune categorie di persone sono esentate dal pagamento: i nobili, i membri del clero, le donne, gli anziani soli, le famiglie numerose ed i nullatenenti. In base agli studi di storici medievisti è stato possibile calcolare il numero delle famiglie che abitano l’area di Monticchio: 600-650 persone, non tenendo conto delle suore e dei monaci del Goleto. Nel 1279 a Monticchio si verifica un fatto clamoroso: una ribellione contro il feudatario da parte dell’università. È possibile apprendere le dinamiche dei fatti attraverso i Registri Angioini di Scandone. In quell’anno è signore di Monticchio un tale Enrico; tra lui ed i suoi vassalli è in atto una controversia, in quanto egli li accusava di non volergli pagare ciò che gli era dovuto. Dopo un tentativo di aggressione, i vassalli privano il signore del potere, istituendo un “governo popolare”. I documenti superstiti non esplicitano l’esito della rivolta, ma è possibile intuirlo dal fatto che Enrico rimane signore di Monticchio almeno fino al 1301. Gli succede il figlio Guglielmo, ricordato per questioni di tasse e per un diverbio avvenuto tra le mura del Goleto riguardante l’elezione della nuova badessa. L’ultimo feudatario di Monticchio fu il figlio di Guglielmo, Enrico (III), che gli subentra nel 1336. Qualche anno dopo prende parte alla guerra di Roberto D’Angiò contro gli Aragonesi. Da quel punto della storia in poi Monticchio viene incorporato nella contea di Sant’Angelo e, come appreso da un documento del 1413, il castello ed il borgo vengono abbandonati.